Introduzione
L’oratorio Jephte è da annoverarsi tra i capolavori più significativi dell’arte musicale del seicento
italiano e, all’interno del corpus musicale di Giacomo Carissimi, esso si palesa come la
composizione che meglio esplicita l’interpretazione musicale degli ideali controriformistici propri
della Chiesa Romana del tempo e dei quali il nostro fu fervente sostenitore.
Non siamo in grado di datare con certezza l’anno di composizione dell’oratorio in oggetto.
Possiamo indicativamente collocarlo tra il 1645 e il 1649 in quanto il celebre scritto di A. Kircher,
“Musurgia Universalis” dell’anno 1650, ne riporta a stampa il coro conclusivo “Plorate”.
Gli elementi che connotano in maniera specifica questo oratorio possono sintetizzarsi nei seguenti
punti:
• forte carica drammatica insita sia nei contenuti testuali, di provenienza biblica (Giudici XI, 1-
40; Giuditta) e da fonte ignota (probabilmente aggiunte dello stesso compositore), che nella
realizzazione musicale;
• struttura formale aderente alla narrazione con un’efficace equilibrio dinamico tra parti solistiche
e corali;
• scrittura musicale, edotta della lezione stilistica della scuola romana coeva (Emilio de’
Cavalieri, Quagliati) e delle concettualizzazioni della rethorica (climax, epizeuxis, ipotiposi,
pathopoeia), funzionale a quell’auspicato – ma non completamente realizzato – divenire del
“melodramma spirituale”. Essa si connota per la semplicità del “tratto” e nel totale
asservimento di un testo viceversa complesso e ricco, ab origine, di pathos;
• condotta melodica delle voci pertinente allo stile e integralmente protesa, attraverso un oculato
uso dei timbri vocali e degli intervalli melodici/armonici, verso una efficace intelligibilità
auditiva e di valorizzazione degli elementi fonetici del testo;
• uso della dissonanza funzionale alla resa sonora dei contenuti drammatici testuali.
Come il lettore avrà potuto osservare l’oratorio oggetto della presente edizione è stato intitolato
“Historia Jephte” in conformità a quanto appare in diverse fonti manoscritte consultate.
Talune recano la denominazione di “Dialogum Jephte”, tuttavia, considerata la straordinaria
efficacia narrativa della composizione e la genesi storica dell’oratorio, ho preferito il titolo di
“Historia”.
Nessuna adesione è da vedervi rispetto a tentativi classificatori elaborati nel passato (Raccolta di
Amburgo, Alaleona, Brenet, ecc.).
Scopo della presente revisione è quello di fornire all’interprete (direttore di coro, cantore, ecc.) una
stesura che consenta una fruizione agile seppur fondata su alcune tra le più importanti fonti
manoscritte.
L’apparato critico è sintetico e di pratica consultazione limitandosi a segnalare quelle varianti che
possono essere di utile conoscenza e influenti sulla prassi esecutiva.
Dario De Cicco